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Una notte con Gaia


di ringo00
24.08.2023    |    15.623    |    3 9.4
"“Quanto sei carino” disse con gli occhi colmi d’amore..."
-ATTENZIONE- QUESTO RACCONTO È UN’OPERA DI FANTASIA

Dopo un bel po' di tempo ho deciso di riprendere la serie di Diana e Gaia (vedi Diana, Diana mi ha svezzato cosi e Gaia) Buona lettura

Quella sera, a cena, Gaia sembrava più affettuosa del solito: mi lanciava occhiate tiepide, mi sfiorava la coscia e addirittura mi prese la mano nella sua, stringendola forte. Non riuscivo più a vederla con gli stessi occhi, dopo quello che era successo nella doccia, e posso dire che provavo un discreto imbarazzo. Papà osservava con una punta di sospetto la nostra vicinanza, mentre Diana, sorridente, continuava a ripetere quanto fossimo carini. Poco dopo, lei e papà uscirono per una serata tranquilla; Diana aveva allattato Irene poco prima, lasciando un biberon pronto all’uopo. Io e Gaia ci piazzammo sul divano, per guardare un film: mi cinse le spalle con un braccio, posando la mia testa sulla sua spalla, dando ogni tanto una leggera carezza ai miei capelli. Il film però si rivelò una noia, e al susseguirsi degli sbadigli optammo per andare in branda. Ci avviamo per il corridoio, e con un ennesimo sbadiglio augurai la buonanotte, procedendo verso la mia stanza, quando Gaia mi trattene per l’orlo della maglietta: “Patatino, dove vai? Non vuoi dormire con me?”
Il sonno mi passò di colpo: allora faceva sul serio! Gaia entrò, sdraiandosi sul letto, ma ero un po’ in soggezione: non ero mai stato nella sua camera, era così ordinata, e ovunque aleggiava il suo profumo… Tornai al presente dopo un richiamo da parte sua: si era già infilata sotto le coperte, tenendo un lembo sollevato per invitarmi. Mi coricai accanto a lei, sentivo il cuore martellarmi sotto le costole. Nella tenue luce dell’abat-jour vidi il suo bel viso, e mi accorsi di quanto assomigliasse alla madre. Gaia dovette percepire la mia tensione, così mi accarezzò dolcemente la guancia, alleviando il nodo che sentivo dentro.
“Quanto sei carino” disse con gli occhi colmi d’amore. La sentii trafficare sotto la coperta, e si alzò la maglietta fino al collo. Non portava il reggiseno, e i suoi graziosi seni, che avevo succhiato poche ore prima si palesarono ai miei occhi. “Ta-tan, tette! Ti piacciono le tette, vero patatino?” La mia faccia da pesce lesso e il mio silenzio suonarono come un tacito assenso; “La mamma mi ha raccontato tutto, sai?” proseguì, “che le succhi il latte e tutto il resto…” Rimasi di sasso: evidentemente l’intimità tra lei e Diana era superiore do quanto mi aspettassi. “Sono un po’ gelosa, vorrei tanto che lo facessi anche con me, patatino, vuoi?” Risposi con un timido cenno del capo, e lei, raggiante, mi mise la mano dietro la nuca guidandomi verso il suo seno; mi offrí la tettina, dal capezzolo roseo: “Di ahhh~” Chiusi le labbra su quel bocciolo, succhiando delicatamente per non farle male. Gaia sospirò, accarezzandomi la schiena: “Come sono felice, patatino… Adesso siamo ancora più legati…” Ci stavo prendendo gusto, il sapore dolce e fresco del suo seno da adolescente era inebriante, passavo da un capezzolo all’altro alternandoli; nel frattempo, ai piani bassi c’era un certo movimento, e Gaia non tardò ad accorgersene: sorrisi a mo’ di scusa, e la sua mano scivolò giù, verso il mio inguine; le sue dita danzavano sulla mia erezione, solleticando piacevolmente. Dopo qualche minuto mi caló i pantaloni del pigiama, seguiti dalle mutande; Gaia chiuse la mano sul mio pisello, muovendola lentamente: benché credo fosse a sua volta eccitata non aveva perso la delicatezza del tocco, la sega procedeva lenta e morbida.
“Sei eccitato?” mi sussurrò.
“S-si…” risposi io, col fiato corto. Gaia mi guardò dritto negli occhi: “Facciamo l’amore, patatino…”
Il cuore mi rimbalzó fino alle tonsille: la tensione, faticosamente domata poco prima, tornò prepotentemente; provai a borbottare qualcosa, ma Gaia mi sigilló le labbra con un bacio: un bacio lungo, dolcissimo, il primo che avessi mai dato. Quando ci separammo Gaia disse “Ti è passata la tensione, ora?” In effetti si, ero molto più tranquillo: i miracoli di un semplice bacio! Gaia tirò indietro le coperte per avere più libertà di azione: con un movimento fluido caló alle caviglie gli shorts che indossava assieme alla mutandina: il ciuffetto di pelini biondi faceva da corona al suo fiore dal taglio lucido. Alzò la gamba destra, in una posa da aerobica: “Vieni più vicino, su…” Niente imbarazzi a quel punto: in un attimo fui accanto a lei, tanto vicino che il mio pisello premeva su di lei, un po’ sulla pancia e un po’ sul pube, i cui pelini producevano un piacevole solletico. Gaia lo puntò verso l’ingresso della sua patata: “Non è la mia prima volta, e so che non lo è neanche per te. Facciamo che sia la NOSTRA prima volta!” Un deciso cenno da parte mia pose fine agli indugi: Gaia mi posò una mano sul sedere, attirandomi dentro di lei; mi sfuggì un gemito: era strettissima, molto più di quella di Diana, calda e bagnata. Quando fui tutto dentro, mi strinse fra le braccia, stringendomi forte a sé. “Come sono felice, patatino “ sussurrò al mio orecchio , “da tanto tempo aspettavo questo momento…” Iniziò a muoversi, dettando il ritmo: la sua patata era sempre più calda, una vera meraviglia, pregai di poter restare lì dentro per sempre. Gaia mi riempiva il viso di soffici baci, mugolando quieta, il suo modo di gemere era assolutamente adorabile. Ad un certo punto si fermò: “Ora tocca a te, muoviti come preferisci…”
Un po’ goffamente la presi per i fianchi, cominciando a spingere; cercavo di essere delicato, ma la foga prese presto il sopravvento, facendomi muovere più energicamente di quanto avrei voluto, ma per mia fortuna Gaia non mosse obiezioni, in quanto a pazienza era uguale a sua madre. Come mosso da una forza invisibile la presi pere chiappe, affondando le mani in quei glutei di pesca. Gaia cacciò un gridolino, avvolgendo le gambe attorno a me, quasi volesse impedirmi di scappare: come se fosse stato possibile, non mi sarei fermato neppure se fosse crollato il mondo. Quell’atto sessuale così intimo e tenero ebbe, ahimè, vita breve: l’eccezione non mi fece durare come avrei voluto, e con un verso soffocato eiaculai un piccolo fiotto di seme su per la patata di Gaia, che la accolse con un sospiro appagato. Calmati i bollenti spiriti, restammo abbracciati stretti, il mio membro semi ammosciato ancora al calduccio dentro di lei. Per alcuni minuti regnò il silenzio, rotto qua e là dal soffocato schioccare di un bacio; Gaia si asciugò la patata con una salviettina umidificata presa dal comodino, tirando su i pantaloncini. Ne prese una seconda, riservando al mio pisellino lo stesso trattamento, pulendo via ogni traccia della nostra passione, rimettendolo poi premurosamente nelle mutande.
“Sei stato davvero bravissimo, patatino, ho goduto tanto. Da ora in poi vieni pure da me, quando vuoi liberarti, ok?”
Fremetti: avrei avuto altre occasioni??? Non seppi cosa ribattere, per cui mi limiti ad annuire. Gaia sorrise, più bella che mai: mi diede un altro bacio, più lungo e appassionato: “Adesso però è ora di dormire. Sarai stanco, patatino…”
Prese le coperte e le ritirò indietro, avvolngendoci in un dolce tepore. Scorgendo nei miei occhi uno sguardo da cucciolo in cerca di attenzioni, Gaia sorrise, scoprendosi nuovamente le tette; mi attaccai al capezzolo, la familiare sensazione di caldo e sonnolenza che provavo con Diana non tardò a manifestarsi. Guardandomi teneramente, Gaia disse “ Sembri proprio un bebè, patatino, sei proprio un amante delle tette…” Succhiando la sua tettina scivolai rapidamente nel sonno, mentre lei mi accarezzava piano la testa. Non so per quanto tempo dormii, aperti gli occhi vidi Gaia profondamente addormentata, le labbra leggermente schiuse; mi persi per qualche istante nel guardarla, quando dal corridoio giunse la voce di papà: “Ti dico che non va bene che Gaia e Marco siano così vicini, Diana!”
“Su, su, caro…” rispose Diana, “cosa vuoi che succeda, sono dei bambini…”
Sentendo la porta aprirsi chiusi gli occhi, fingendo di dormire; giusto in tempo, papà e Diana apparvero sulla soglia: “Ohh, ma guarda” sussurrò Diana, “che amori sono. Visto che non c’era niente di cui preoccuparsi? “
Papà le diede ragione, ammettendo di essersi sbagliato. Proprio mentre Diana stava chiudendo la porta, apriii impercettibilmente un occhio, sorridendo.
“Se solo sapeste” pensai, “oh, se sapeste!”

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